Maggio-Giugno 1944, Operazione ‘BUFFALO’

La distruzione di Valmontone è un episodio della battaglia per Roma, a sua volta parte della Campagna d’Italia.
Per quanto sia stato un evento tristissimo e luttuoso, per capirne le ragioni è necessario allontanarsi un po’ dal paese e guardare cosa stava succedendo intorno, in modo da farsi un’idea dei piani, degli errori e delle persone che hanno guidato gli eventi. Esiste un’ampia documentazione sui fatti.
Noi, l’Italia, la guerra l’avevamo già persa da quasi un anno.
Al sud era stato ricostituito un esercito, che ebbe il battesimo del fuoco a Montelungo, nell’ambito della battaglia di Cassino.
Anche al nord era stato ricostituito un esercito e, al di là del giudizio politico e storico, va detto che le formazioni dell’Italia di Salò si comportarono bene in combattimento, in particolare nella battaglia per Anzio che ci riguarda da vicino. A dare questo giudizio furono i Tedeschi, che non erano certo benevoli nei nostri confronti.

Definire questa campagna come ‘battaglia per Roma’ non è del tutto corretto. L’obiettivo di Roma era grandissimo sul piano propagandistico, ma assai scarso su quello militare, e a Roma in quanto tale non ci furono combattimenti. La dichiarazione di ‘città aperta’ era stata fatta solo dagli italiani, ad agosto ‘43, per cui non c’era alcuna garanzia che i tedeschi non volessero combattere al suo interno. Anzi, erano stati fatti vari piani in proposito, tra cui quello di far saltare tutti i ponti sul Tevere. Il comando tedesco, però, aveva deciso che il costo politico della distruzione di Roma in battaglia fosse troppo alto e aveva quindi già deciso da tempo di non combattere per la città, ritirandosi alla svelta verso nord se non fossero riusciti a tenere Cassino, prima, e la linea Caesar, dopo.

L’avanzata da sud degli Alleati era lenta e costosissima, perché i tedeschi contesero ogni centimetro di terra e sfruttarono ogni baluardo naturale.
A Cassino erano arrivati nel gennaio 1944, affrontando la linea difensiva tedesca Gustav, che si estendeva da Ortona, sull’Adriatico, fino a Minturno. Gli ci vollero 4 mesi per superare Cassino, a prezzo della distruzione dell’Abbazia e di tutti i paesi della zona.
Superata la linea Gustav, una seconda linea, detta Adolf Hitler, era posta pochi chilometri più indietro e anche quella ostacolò gli Alleati.
Per supportare l’attacco a Cassino e prendere alle spalle i tedeschi, il 22 gennaio gli americani sbarcarono ad Anzio, con due sole divisioni (circa 20000 uomini): era l’operazione ‘Shingle’. I tedeschi erano completamente sguarniti da quella parte, tanto che le truppe americane avrebbero potuto raggiungere Roma in pochi giorni (e una jeep effettivamente arrivò alla periferia di Roma il giorno stesso dello sbarco). Di questa mancata offensiva venne data la colpa al comandante americano, generale Lucas, definito indeciso e troppo prudente. Tale giudizio, però, è assai ingeneroso: Lucas aveva troppo poche forze e aveva capito che avrebbe certo potuto avanzare rapidamente, ma non avrebbe poi potuto tenere le posizioni di fronte al contrattacco tedesco. La conferma di questa errata impostazione del piano Alleato viene dalle memorie del comandante generale tedesco, il Feldmaresciallo Kesselring, il quale a guerra finita disse che una avanzata americana in quelle condizioni sarebbe stata una vera disfatta. L’idea dell’operazione era di Churchill; cosa ne pensasse Lucas è presto detto: « L’intera faccenda puzza di Gallipoli [campagna condotta male dagli alleati nella prima Guerra Mondiale], ed evidentemente sulla panchina dell’allenatore c’è sempre lo stesso dilettante ».
Sta di fatto che le posizioni si incancrenirono e per mesi consumarono uomini e mezzi.
Gli americani si convinsero che occorreva rafforzare il fronte di Anzio, dove costituirono la Quinta armata al comando del generale Mark Clark, che aveva sostituito Lucas, arrivando a schierare 150.000 uomini. Di fronte avevano 135.000 tedeschi e due battaglioni italiani. Della Quinta armata faceva parte anche un contingente inglese.
Al sud l’Ottava armata britannica era composta anche da Canadesi, Neozelandesi, Francesi, Indiani e Italiani (pochi, era una presenza politica ma non rilevante militarmente), ed era comandata dal generale inglese Alexander. Formalmente la Quinta armata, e quindi Clark, dipendeva da Alexander, ma vedremo che le cose tra americani e inglesi non erano poi così semplici.

A maggio 1944, superata Cassino, Alexander tentò di attuare il suo piano: forzare la spinta da sud lungo la Casilina con la sua Ottava armata e contemporaneamente far tagliare dalla Quinta armata USA la stessa Casilina a Valmontone. Così facendo pensava di chiudere la X armata tedesca, composta di circa 8 divisioni (poco meno di 100.000 uomini) ed eliminarla in un colpo solo. Voleva ripetere in Italia ciò che era successo a Stalingrado e quello che lui stesso aveva fatto in Tunisia. Se avesse avuto successo, questa manovra avrebbe potuto accorciare di parecchi mesi la durata della guerra.

Ma perché proprio a Valmontone?
Perché la storia dipende dalla geografia: Valmontone si trova sulla Casilina, via preferenziale per la ritirata delle truppe tedesche verso nord. E da Valmontone comincia la via Ariana, che attraverso Artena e Cori prosegue fino al mare, unico collegamento tra la Casilina e la zona dello sbarco americano.
Ecco che il destino era segnato: Valmontone avrebbe fatto la fine di Cassino.

Del piano di Alexander abbiamo la descrizione in uno dei giornali americani, dove un giornalista americano, Kirke Simpson, analista militare, lo descrive come “tattica a pistone”, essendo l’Ottava armata il ‘pistone’, la valle del Sacco il ‘cilindro’ e la Quinta armata a Valmontone il ‘cielo del cilindro’. Lo stesso analista, tuttavia, identifica i due punti deboli dell’idea: per prima cosa occorre che gli americani da Anzio facciano in fretta; poi, questo ‘cilindro’ della valle del Sacco non è che tenga molto, visto che ci sono almeno 5 strade che vanno verso l’interno e costituiscono possibili vie di fuga alternative per i tedeschi, anche se la Casilina fosse bloccata a Valmontone.
La linea difensiva tedesca, detta Caesar, si appoggia a 4 piazzaforti: Campoleone, Lanuvio, Velletri e Valmontone.

Il 23 maggio alle 05.45 comincia l’operazione ‘Buffalo’

L’Ottava armata da sud procede lentamente ma con continuità.
Il 25 maggio, dal lato costiero, a Borgo Grappa avviene il ricongiungimento con la Quinta armata, che fino ad allora era isolata nella testa di ponte di Anzio.
Il 28 viene presa Ceprano, il 30 Arce e Ceccano, il 31 Frosinone e Sora, il 1 giugno Ferentino.

Dalla testa di ponte di Anzio, la Quinta armata deve arrivare a Valmontone. Ha di fronte la XIV armata tedesca, agli ordini del generale Von Mackensen.
In pochi giorni, il 26, un reparto della 1^ divisione corazzata americana arriva oltre Artena, a 2 Km dall’obiettivo.
E qui Clark si inventa una cosa che non doveva essere fatta.
Lui aveva una vera ossessione per Roma, lo dice lui stesso nelle sue memorie: ‘volevo essere il primo Generale a prendere Roma dal sud in 1500 anni’. Così, invece di seguire gli ordini del suo superiore e spingere su Valmontone, lancia l’operazione ‘Turtle’: ruotare l’attacco di 90° verso sinistra, sfondare su Velletri e arrivare a Roma. Di questa operazione ne aveva discusso con Alexander già ad inizio maggio, ma la risposta era stata negativa. Clark, testardo, fa avvisare il suo vice, Truscott, di prepararsi a lanciare ‘Turtle’ con un preavviso di 48 ore. Truscott è sorpreso dal cambio di idea, tenta senza successo di parlare personalmente con Clark (il quale addirittura non si fa trovare nemmeno per radio) ed è costretto ad obbedire; Alexander fa finta di credere che Clark stia rispettando i suoi ordini e lascia fare. Ma ‘Turtle’ non va come sperato: Velletri tiene benissimo, perché le artiglierie tedesche battono gli alleati dall’alto e hanno la completa visuale del campo di battaglia.
In pratica, si ferma tutto, tranne la morte. Per giorni proseguono i tentativi di catturare Velletri, infruttuosi, fino a che al comandante della 36^ divisione USA ‘Texas’, Generale Walker, non viene un’idea. Il generale Walker aveva avuto i suoi guai nella battaglia di Cassino e a causa di questo Clark non lo stimava per niente; i Tedeschi, invece, lo consideravano uno dei migliori comandanti alleati. Walker (o forse il suo vice, come riportano altre memorie) si accorge che esistono sentieri non indicati sulle mappe che salgono sul Monte Artemisio, in corrispondenza della giunzione tra due unità tedesche. Propone quindi di risalire in modo silenzioso la montagna e prendere i tedeschi alle spalle. Sulle prime Clark rifiuta l’idea, ma poi si convince e la approva. Il 29 gli americani risalgono la montagna, eliminando, col pugnale e senza sparare un colpo, i pochi tedeschi incontrati. Una volta sulla vetta passano all’attacco e in due giorni Velletri viene evacuata dai tedeschi. Anche l’attacco su Valmontone ha successo e il 1 giugno le due strade per Roma, Appia e Casilina, sono aperte.
Clark si mette a correre verso Roma, alle porte della quale si fa fotografare davanti al cartello stradale, insieme ad altri suoi generali. Ricorda poi, nelle sue memorie, che appena scattata la foto tutti i generali si buttarono a terra perché erano stati presi di mira da un cecchino tedesco. Tale era la sua fissazione per Roma che alle strade fece mettere di pattuglia la sua polizia militare, con l’ordine di NON far passare gli inglesi. Roma doveva essere tutta sua. Voleva essere sui giornali e voleva farlo prima dello sbarco in Normandia. Ci riuscì: era il 4 Giugno, in tempo per uscire sui giornali del 5 giugno, il giorno prima dello sbarco sulle coste francesi.

Valmontone era stata difesa strenuamente dai tedeschi per consentire a quante più forze possibile di risalire verso nord sulla Casilina. Per questo Kesselring inviò da Livorno la divisione corazzata Hermann Goering, forse l’unità più forte di cui disponesse in Italia.
Con la sua ‘geniale’ idea Clark è riuscito a perdere una settimana di tempo, consentendo la ritirata tedesca sia lungo la Casilina che lungo le strade minori verso Genazzano, Palestrina e altre.
Così, quella che a prima vista sembra una vittoria alleata in effetti fu una mezza vittoria solamente.
Le previsioni (negative) dell’analista americano si erano avverate: la tattica del ‘pistone’ non aveva funzionato, sia perche il ‘cilindro’ non teneva, sia perché il ‘cielo del pistone’ non si era chiuso. Gli analisti militari odierni considerano che l’idea di Clark non solo lo fece arrivare a Roma più tardi di quanto sarebbe avvenuto se avesse seguito il piano originario, ma arrivano a dire che l’intera campagna d’Italia sarebbe durata un anno di meno.
Ma intanto Valmontone era distrutta.

Il bilancio dell’intera battaglia, da Anzio in poi, è tremendo:
7.000 caduti della Quinta armata oltre a 36.000 feriti;
nel solo giorno del 23 maggio, primo giorno di ‘Buffalo’, la sola 3^ divisione USA ebbe 955 morti, la cifra più alta di perdite di una qualsiasi divisione americana in tutta la Seconda Guerra Mondiale.
5.000 caduti tedeschi, oltre a 30.000 feriti e 5000 prigionieri.

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